In momenti di isolamento si ha molto tempo da dedicarsi, forse troppo. Le giornate scorrono inesorabili scandite da ritmi nettamente cadenzati, i cui spesso i punti fermi sono la sveglia, la colazione, il pranzo la cena e poi il letto.

Sono quasi 4 settimane, un mese di clausura radicale in cui gli unici contatti con l’esterno sono affidati ai social e al balcone di casa. Questa quarantena, assimilabile ai domiciliari per un reo, pone molti limiti a chi che come me ha la passione del fumo lento, non perchè non si disponga dei sigari, ma perchè non si dispone della lucidità per poter apprezzare il momento. L’isolamento prolungato, a mio avviso, ti porta in modo violento ad essere annebbiato, la fumata diventa un’aspetto secondario poichè assume un significato diverso, diventa un rifugio o un gesto meccanico per sconfiggere la noia delle giornate, con il rischio di diventare un gesto compulsivo. Credo che si debba mantenere un equilibrio, come in tutti gli ambiti d’altronde. Imporsi delle privazioni che ti consentano di desiderare il sigaro e di poterne apprezzare al massimo il suo potenziale. Ora più che mai, in questo momento difficile, è nostro amico e confidente in quanto in esso sono racchiusi ricordi ed è occasione di riflessione su quanto c’è stato e su quanto ci sarà.
“Il sigaro è una grande risorsa in quanto inganna la fame, sconfigge la noia, rasserena, aiuta a riflettere e spesso richiama alla mente dolci ricordi.”
F.A.F. De La Rochefoucauld

A me anche secca che l’inquilino del piano di sopra possa avere le finestre aperte e potrebbe entrargli l’odore forte del sigaro (fumo toscanelli e pipa).
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Cmq è vero: si rischia che il godimento sporadico diventi compulsivo come fumare sigarette
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